IL PRETORE
    Ha  pronunziato  e  pubblicato,  mediante  lettura,  la   seguente
 ordinanza alla pubblica udienza del 27 maggio 1994;
    Letti  gli  atti  del procedimento penale iscritto ai nn. 957/1993
 r.g. mod. 22 e 27/1994 r.g. mod.  23,  instaurato  nei  confronti  di
 Rotini Mario, nato il 3 dicembre 1924 a Corropoli (Teramo), residente
 in  San  Severino  Marche,  via  Gioacchino  Rossini  n.  14, libero,
 assente;
                      OSSERVA IN FATTO E DIRITTO
    Tratto a giudizio per rispondere del  reato  di  cui  all'art.  21
 della  legge  10  maggio  1976,  n.  319,  siccome  imputato  di aver
 effettuato nel fiume Potenza, in qualita'  di  legale  rappresentante
 dell'impresa   sociale  "Simeg",  corrente  in  San  Severino  Marche
 (Macerata), scarichi superiori ai limiti previsti dalle tabelle A e C
 della legge prefata, Rotini  Mario,  ritualmente  citato,  nel  corso
 dell'odierna  udienza presentava richiesta di applicazione della pena
 ex  art.  444  della   c.p.p.,   l'istanza   del   Rotini   prevedeva
 l'irrogazione concordata delle pene di giorni ventisette di arresto e
 di  L. 300.000 (trecentomila) di ammenda. Chiedeva, ancora, il Rotini
 di poter fruire della sostituzione della pena  detentiva  con  quella
 pecuniaria,  di  specie corrispondente, dell'ammenda per un ammontare
 di L. 675.000  (seicentosettantacinquemila).  Il  p.m.  rifiutava  di
 prestare  il  consenso, vertendosi in ipotesi di esclusione oggettiva
 dalla  possibilita'  di  ricorrere  alla  sostituzione   delle   pene
 detentive  brevi,  secondo  il  disposto  dell'art. 60 della legge 24
 novembre 1981, n. 689, e succ. mod. In  via  subordinata,  la  difesa
 dell'imputato   Rotini  Mario  sollevava  eccezione  di  legittimita'
 costituzionale della norma di cui al predetto art. 60 della legge  n.
 689/1981,  lamentando  un  contrasto  della  prefata  normativa con i
 principi sanciti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Opina  questo  giudicante  che   la   prospettata   questione   di
 legittimita'  costituzionale presenti i caratteri della non manifesta
 infondatezza. Pur dopo le modifiche apportate alla legge 24  novembre
 1981,  n.  689, dalla successiva legge 12 agosto 1993, n. 296, che ha
 ampliato la sfera di operativita' delle sanzioni sostitutive,  quanto
 meno  in  relazione  al  limite di pena detentiva, in ordine al quale
 risulta possibile la sostituzione, permane la vigenza del divieto  di
 ricorrere  alla sostituzione stessa nel caso di commissione dei reati
 previsti in materia di inquinamento  idrico  dalla  legge  10  maggio
 1976,  n.  319  (v. art. 60, penultimo comma, della legge 24 novembre
 1981,  n.  689).  Tale  divieto  confligge,  nell'attuale  situazione
 dell'ordinamento giuridico italiano, con il principio di eguaglianza,
 di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Si  consideri,  infatti,  che,  nel vigente ordinamento giuridico,
 sussistono  norme,  le  quali,  pur  tutelando  interessi   giuridici
 analoghi a quelli oggetto della salvaguardia prestata dalla cd. legge
 Merli,  prevedono  fattispecie criminose, in ordine alle quali non e'
 prevista alcuna esclusione dalla possibilita' di  sostituzione  della
 pena  detentiva infliggenda con quella pecuniaria ovvero con le altre
 sanzioni sostitutive, di cui alla legge cd. di  depenalizzazione  del
 1981.  Si  intende  qui  far  riferimento  all'art.  18 del d.lgs. 27
 gennaio 1992, n. 133, il quale  sanziona,  mediante  la  comminatoria
 della  pena  dell'arresto, la condotta di colui che effettui scarichi
 in acque interne superficiali, in  acque  interne  del  litorale,  in
 acque  marine  territoriali ed in pubbliche fognature di sostanze con
 valori inquinanti superiori ai limiti fissati  nell'allegato  B  alla
 stessa  legge; ancora il quinto comma del predetto art. 18 del d.lgs.
 n.  133/1992  sanziona,  sempre  mediante  la  comminatoria  di  pena
 detentiva, la condotta di colui che, nelle acque summenzionate ovvero
 nel   suolo   o   nel   sottosuolo,  effettui  scarichi  di  sostanze
 provatamente cancerogene, quali quelle elencate  nell'allegato  A  al
 d.lgs.  n.  133/1992.  Il  tutto  nell'ambito  del dovuto ossequio ad
 alcune  direttive  CEE,  le  quali  imponevano  agli   Stati   membri
 l'adozione  di  normative  di  tutela  delle  acque dagli scarichi di
 sostanze od energie " .. le cui conseguenze siano tali da mettere  in
 pericolo  la  salute umana, nuocere alle risorse viventi e al sistema
 ecologico idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri  usi
 legittimi  delle  acque".  Come  e'  dato constatare, dunque, il bene
 giuridico  tutelato  dalla  prefata  normativa  appare   tutt'affatto
 identico  a quello salvaguardato dalle sanzioni comminate dalla legge
 10 maggio 1976, n. 319. Orbene, essendo stati introdotti  i  divieti,
 di   cui   poc'anzi   si  e'  fatta  menzione,  in  epoca  posteriore
 all'emanazione della legge 24 novembre 1981, n. 689, alle fattispecie
 criminose contemplate dal d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 133, non e' dato
 applicare il divieto di sostituzione  delle  pene  detentive  con  le
 sanzioni  sostitutive,  disciplinate  dalla legge di depenalizzazione
 del  1981.  Cio'  stante,  e'  di  tutta   evidenza   la   disparita'
 trattamentale che si viene a creare tra soggetti che mettono in opera
 condotte  tutt'affatto  assimilabili, in particolar modo dal punto di
 vista della lesivita' del bene giuridico  tutelato  e  del  disvalore
 sociale.  Ne'  dicasi  che  la solare discrasia rilevata possa essere
 superata, in via interpretativa, mediante l'estensione del divieto di
 sostituzione, previsto dal penultimo comma dell'art. 60  della  legge
 n. 689/1981, alla normativa di cui al d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 133,
 in  quanto  un'operazione  siffatta  comporterebbe  la violazione del
 divieto di estensione  analogica  in  malam  partem,  costituente  il
 cardine attorno a cui ruota il vigente ordinamento penalistico.
    Cio'   stante,   la   discriminazione   trattamentale,   priva  di
 qualsivoglia ragionevolezza, siccome  evidenziato,  allorche'  si  e'
 messa  in luce la medesimezza dell'interesse giuridico tutelato dalle
 normative in disamina, appare confliggere con il disposto dell'art. 3
 della Costituzione, sicche' dovra' essere la Consulta a  pronunziarsi
 sulla   possibilita'   di   sopravvivenza,  nell'ambito  del  vigente
 ordinamento  giuridico,  della  situazione  di  disparita'   poc'anzi
 rilevata.
   Cio'  detto  in  relazione  alla  non  manifesta infondatezza della
 dedotta  questione,  non  ci  si  soffermera'  piu'  del  dovuto  per
 sottolineare  la  rilevanza della stessa nell'ambito del procedimento
 penale soggetto all'odierno vaglio di questo giudicante: si consideri
 soltanto, a tal proposito,  che  laddove  la  normativa  in  disamina
 dovesse  essere  ritenuta effettivamente confliggente con il disposto
 costituzionale segnalato, potrebbe essere concretamente  vagliata  la
 richiesta  di  pena patteggiata, avanzata dall'imputato Rotini Mario,
 la quale, stante  il  vigente  divieto  di  sostituzione  della  pena
 detentiva, dovrebbe essere respinta sic et simpliciter.